La cosiddetta “fauna minore” non è minore per nulla, spesso è minore soltanto la nostra capacità di apprezzarla o di osservarla.
Siamo rapiti dal volo e dal canto degli uccelli, dall’allegria dell’acqua corrente, dall’avvistamento di una lepre o di un fagiano, ma la voce del fiume è per noi anche il gracidio primaverile o estivo, i girini brulicanti nell’acqua stagnante in alveo, le vibrazioni vive di una pozzanghera, lo spavento di un tuffo al nostro passaggio a ridosso di un fosso o il frusciare tra le erbe del magredo di una natura strisciante. Se non fosse anche questo a rapirci come potremo amare davvero questo luogo ricco di vita?
In veneto sono presenti 16 specie di anfibi (6 urodeli e 10 anuri) e 19 specie di rettili (3 cheloni, 8 sauri e 8 serpenti). Di tutta questa biodiversità erpetologica che include sia specie autoctone che alloctone, lungo l’asta della Piave sono presenti ben 13 specie di anfibi e 16 specie di rettili. Qui tratteremo solo i più frequenti nell’area del medio Piave e in questa zona.
Biacco, “carbonasso” (Hierophis viridiflavus carbonarius) e una lucertola campestre (Podarcis siculus), preziosa presenza nel magredo.
I rettili possono riprodursi e nutrirsi anche nei prati aridi o nei boschetti a ridosso del gretto fluviale e sono facilmente osservabili in un’escursione durante le ore mattutine d’estate. Si potrà allora sentire la corsa a tratti e il fruscìo interrotto dai rapidi movimenti di una lucertola o il serpeggiare omogeneo nell’erba di un veloce colubro.
Una linea elegante che nuota sicura nell’acqua chiara è il profilo di una natrice dal collare (Natrix helvetica), questa biscia e la congenere Natrix tessellata girano per le lanche e le insorgenze d’acqua laterali del fiume, specie in presenza di vegetazione, in cerca di anfibi e piccoli pesci. Non è raro trovarne le spoglie – exuvie – pressoche intere, abbandonate ad ogni cambio di pelle. Accanto alle “bisce” acquatiche ricordiamo tra i serpenti la presenza del biacco (Hierophis viridiflavus carbonarius), il cosiddetto “carbonasso”, lungo serpente di abitudini terrestri, divoratore di lucertole, insetti e topi tra le siepi e le zone aride. Presente qui anche il colubro liscio (Coronella austriaca).

Due meravigliose “bisce d’acqua”. In grande la natrice dal collare (Natrix helvetica) e in piccolo la natrice tassellata (Natrix tessellata).
Talvolta anche da noi questi serpenti sono scambiati per vipere e vengono quindi uccisi. Ma per quanto questi animali suscitino in alcune persone istinti primitivi di repulsione dobbiamo ricordare che tutti gli anfibi e i rettili autoctoni sono protetti dalla legge e non esiste alcuna motivazione possibile per ucciderli o molestarli. Grandi invece possono essere le soddisfazioni di osservare in ambiente i loro spesso straordinari adattamenti e comportamenti.
Le lucertole che possiamo più facilmente osservare sono principalmente due: la lucertola delle muraglie (Podarcis muralis), comunissima specie sinantropica, che vive cioè prevalentemente in prossimità delle abitazioni e la lucertola campestre (Podarcis siculus) che possiamo trovare nei prati e nel magredo, questa ha la gola bianca, la lucertola delle muraglie l’ha invece quasi sempre macchiata di squame scure. La lucertola campestre è considerata in pericolo a livello regionale e poterla trovare in quest’area di riferimento è una buona notizia. Altra presenza importante tra i sauri è il ramarro (Lacerta bilineata) grossa lucertola, fino a 45 cm di lunghezza, decisamente verde smeraldo; generalmente è possibile vederlo dove il prato è più alto e il paesaggio più boscato. Altro sauro presente, spesso scambiato per un serpente, è l’orbettino (Anguis veronensis).
Ramarro occidentale (Lacerta bilineata) e Orbettino italiano (Anguis veronensis), presenti da queste parti.
Tra gli anfibi più comuni e facilmente osservabili in alveo abbiamo il rospo comune (Bufo bufo) e il rospo smeraldino (Bufotes viridis) le cui ovature primaverili, che sfidano i rigori delle siccità anche in specchi d’acqua esigui ricordano lunghi nastri punteggiati di nero. La verdissima raganella (Hyla intermedia perrini) è presente tra alberi, siepi e arbusti nelle vicinanze delle zone umide. Le rane vere e proprie vengono generalmente divise tra rane rosse (da noi principalmente rana agile e rana di Lataste (Rana dalmatina e Rana latastei), dal comportamento più solitario e terrestre e le rane verdi (genere Pelophylax) più acquatiche, gracidanti e gregarie, soprattutto nella stagione riproduttiva. Nelle lanche e nei fossi possiamo osservare anche il tritone punteggiato (Lissotriton vulgaris).
Rospo comune (Bufo bufo) tritone punteggiato (Lissotriton vulgaris) e rana di Lataste (Rana latastei).
Dall’alto in senso orario: raganella (Hyla intermedia perrini), rana verde (genere Pelophylax), rospo smeraldino (Bufotes viridis) e rana agile (Rana dalmatina).
Abbiamo registri della presenza in zona del tritone crestato (Triturus carnifex), della vipera comune (Vipera aspis), del saettone (Zamenis longissimus) e della bellissima testuggine palustre europea (Emys orbicularis) la cui presenza merita maggiori indagini. In qualche lanca c’è forse ancora.
Criticità
Questi ultimi anni hanno visto una generale rarefazione degli anfibi in tutto il mondo a causa sia delle attività antropiche che di una pandemia ( il fungo chitride che sta decimando gli anfibi su scala globale) e ci stiamo così finalmente accorgendo di quanto siano importanti per l’intero ecosistema.
Il corso della Piave è una via naturale di diffusione – un corridoio ecologico – anche per questi animali legati in buona parte all’acqua, alla vegetazione e al terreno sassoso. Gli anfibi sono in primo luogo grandi divoratori d’insetti e possono vivere e riprodursi solo in acque non troppo inquinate dove esistano sufficienti reti alimentari. Le zone umide (specie le stagnanti) sono notoriamente molto vulnerabili agli inquinanti, per lo scarso ricambio e per l’insistenza dei versamenti. Le irrorazioni di pesticidi agricoli, in particolare la presenza in golena dei vigneti, minacciano direttamente o indirettamente la vita dei rettili e degli anfibi (ma anche di tutti gli altri animali) minando la base della catena alimentare (gli invertebrati) e quindi dello stesso equilibrio ecologico in cui ogni parte è legata alle altre.
Oltre all’inquinamento e all’ignoranza che disprezza apertamente le piccole creature striscianti o saltellanti, altre minacce sono date dalla sempre più frequente siccità durante la stagione riproduttiva, dalla canalizzazione del corso fluviale con conseguente riduzione/banalizzazione delle zone umide adiacenti e dall’immissione di specie animali (specialmente pesci alloctoni) che competono per le risorse alimentari o predano direttamente le specie nostrane di anfibi.
Ovatura primaverile di rospo comune a Spresiano.