(Questo racconto è interamente frutto di fantasia e si basa sulle note tratte dall’articolo “Sul Piave un monastero” di S. Silvestri uscito sulla rivista “I Quaderni del Sile” giugno 1981)
“Dai, su, forza! Non dovrebbe mancare molto… mi han detto due o tre giorni di viaggio dopo aver lasciato le terre alte e si incontra il grande Fiume”, così diceva il pellegrino che la via Ungaresca seguitava da settimane, al suo compagno mentre attraversava i boschi della pianura trevigiana.
La paura di essere aggrediti da qualche banda di ladri senza scrupoli li faceva camminare a passo spedito. Molte erano le voci di furti e aggressioni sulle infide strade che attraversavano quell’area vasta ed occupata in gran parte da selve e macchie folte di spinosi arbusti.
“E’ molto lontana Roma, amico mio, e più ancora la Terra Santa: ma questo il voto che abbiamo fatto se vogliamo la vita eterna!”.
“E lì arriveremo, mio buon amico, con l’aiuto di Dio”
Ecco, oltre una selva intricata ed oscura, una piccola mandria di buoi placida al pascolo:
“Buon segno amico mio, affrettiamo il passo: l’amico che lo scorso anno scese la via Ungaresca come noi mi riferì che prima dell’Ospitale erano mandrie prossime al fiume”, proseguì, “sempr’egli mi disse che il fiume nel corso degli anni distrusse altri due Ospitali sempre da presso alle sue irrequiete sponde e che quella odierna che ci darà ristoro è l’ultima e sorge presso il Passo Barche detto di “Lovadina”.
Il Passo Barca era necessario tant’era la forza e l’impeto delle acque che attraversarlo a nuoto era impossibile e questo durante la maggior parte dell’anno. Quando il fiume si gonfiava per le piogge scese dalle montagne, varcarlo era impresa impossibile tanto infide e colme di gorghi erano le sue oscure acque.
Superate altre macchie fitte d’arbusti, ecco apparire appena sopra l’argine eroso il tetto grande dell’ospitale e sotto gli orti e gli animali da cortile che parevano accogliere festosamente i viandanti con i loro versi e richiami lanciati al vicino fiume Piave che serpeggiava sempre aitante.
Il traghetto era fermo. I pellegrini ed i mercanti che in quel periodo giungevano copiosi furono pregati di aspettare: era in arrivo anche un carico di vino proveniente dalle vicine vigne. Nell’apprender ciò, l’attesa per la partenza della chiatta fu per tutti molto più lieve.
L’antico sito in cui si fa risalire l’origine del porto di Lovadina costituiva la prosecuzione per mezzo dell’attraversamento della Piave dell’antica via Ongaresca, strada molto sfruttata da parte di una grande quantità genti che, per motivi diversi (commercio, pellegrinaggio, ventura, ecc.) dai territori d’Oltrape, attraverso il Friuli muoveva in Veneto. Nei pressi dell’area del traghetto (che pendolarmente svolgeva la funzione di trasporto di persone e merci da una sponda all’altra) sorgeva un Ospitale (Etimologia: dal latino hospitalis, derivato di hospis-itis ‘ospite’), costruito intorno all’anno mille, localizzato ipoteticamente nell’attuale area del “Palazzon”, edificio completamente raso al suolo nel 1927 e di cui non rimane traccia alcuna. L’ospitale, come deduciamo dalla sua etimologia latina, era un edificio atto ad ospitare i viandanti, soprattutto pellegrini, ma non solo, che necessitavano di un luogo coperto e sicuro in cui passare la notte.
Disegno originale di Piergiorgio Barbieri
Da “PELLEGRINI E VIE DI PELLEGRINAGGIO A TREVISO NEL MEDIOEVO – secoli XII-XV” di Giampaolo Cagnin ; edizione CIERRE
Santa Maria della Piave : un ospedale per i pellegrini diretti a Gerusalemme, a Roma ed a Santiago.
La prima, importante attestazione dell’esistenza di un preciso punto di transito per i pellegrini diretti ai tre luoghi classici del pellegrinaggio cristiano – Gerusalemme, Roma, Santiago – si trova nella documentazione dell’ospedale di Santa Maria del Piave. Sorto in località Talpone in diocesi di Ceneda, vicino al fiume Piave, il 2 giugno 1120 fu oggetto di un’importante donazione da parte di Rambaldo, conte di Treviso, Valfredo, conte di Colfosco, Ermanno, conte di Ceneda e Gabriele di Guecello da Montanara, consistente in numerose proprietà comprese tra la strada Ungarica e la strada che passava a nord dell’ospedale fino ai boschi di salice della Piave.
La natura dell’atto, confrontata con analoga documentazione riguardante simili fondazioni ospedaliere, fanno ritenere che le origini dell’Ospedale della Piave possano essere ricondotte alla fine del secolo XII°. Situato sulla riva sinistra del fiume – o probabilmente in una ….. parte dell’isola fluviale delimitata dai due maggiori ramoni in cui la Piave si divideva : il Ramon di San Luca e il Ramon Rabioso – l’ospedale è un tipico esempio degli ospedali da ponte o di strada, gestito e servito da persone , uomini e donne, spesso coppie di sposi che avevano scelto di vivere un ideale di vita religioso molto rigoroso, senza tuttavia abbracciare una precisa regola : il loro compito era di assicurare il transito gratuito del fiume a chiunque, mercante o pellegrino, ricco o povero, ne avesse fatto richiesta, curando nel frattempo l’agibilità e la manutenzione delle strutture – strada, barca, ospizio – : “una casa in cui si praticano la carità e l’elemosina, una casa religiosa perché chi si dona ad essa non conserva niente di proprio, i mariti stanno separati dalle mogli, fanno obbedienza al Signore e rinunciano a tutto. Ho visto questa casa fare elemosine ai ricchi, ai poveri ed agli infermi ; i frati vanno in cerca dei poveri e li portano all’Ospedale per fare loro del bene ; …..ospitano ed accolgono poveri, ricchi e pellegrini “ Con queste eloquenti parole nel 1208 due testimoni ad un processo, riportando un’esperienza diretta che durava da alcuni decenni, sintetizzavano l’attività dell’Ospedale di Santa Maria della Piave ; un altro ….dirà che “i frati facevano ordinariamente 100 elemosine al giorno, ma in particolari momenti arrivavano fino a 1.000.
L’Ospedale si trovava in un sito di grande importanza strategica : al punto d’incrocio, nelle grave della Piave, della Strada Ungarica, che proveniva dal Friuli, e della strada, che passando per Conegliano, Ceneda, Serravalle ed il Cadore rendeva possibile la comunicazione con l’Austria e la Germania. Passato il guado Ospedale – Lovadina , la strada continuava per Treviso e di qui per Venezia. L’Ospedale divenne presto polo di attrazione e di popolamento, tanto da dar vita ad un borgo rurale, un villaggio chiamato Ospedale della Piave. Da altri documenti si viene a sapere che sui grandi prati (probabilmente prati aridi a magredo ) di proprietà dell’Ospedale sostavano le mandrie di bovini provenienti dall’Ungheria prima di proseguire il viaggio verso i mercati di Treviso e, soprattutto, di Venezia. L’importanza e la funzione pubblica della Strada Ungarica continuarono a sopravvivere per secoli nella memoria degli abitanti della regione, tanto che in un processo celebrato a Treviso nel 1450 essa fu definita “strada sive via publica et magistra” che dal Friuli, attraverso Sacile conduce e fin dall’antichità passò attraverso Ospedale e Lovadina. La creazione dell’Ospedale fu prontamente riconosciuta da papa Callisto II – già Guido di Borgogna , arcivescovo di Vienne, pontefice dal 1119 al 1124 – , che accolse la richiesta di una dipendenza diretta dalla Sede Apostolica del nuovo ente, avanzata attraverso la presentazione di una cartula offersionis da parte del praepositus dell’Ospedale, che in questo modo si sottraeva all’influenza del potere locale laico ed ecclesiastico. Nel 1124 Roberto, vescovo di Ceneda, arricchì con nuovi privilegi l’Ospedale con la concessione di una cartula privilegii di notevole interesse in cui si definì in modo chiaro le finalità dell’Ospedale : vi potevano trovare accoglienza ed usufruire del transito del fiume, i pellegrini diretti a Roma, a San Giacomo di Galizia, in Terrasanta o altrove – “omnes hamines euntes et redente de servitio Sancti Petri et Sancti Iacobi et Sancti Sepulchri et aliorum sanctorum” ed i mercanti provenienti dai territori posti a nord delle Alpi – “gens Silicas, Ungarica et Carinthiana, Teutonica atque Longubarda fere et omnium provincia rum”- Il documento inoltre attesta l’esistenza nella regione di una tradizione ormai consolidata e riconosciuta di pellegrinaggi verso i tre luoghi più importanti della cristianità.
Meno di un secolo più tardi, attorno al punto di transito dell’Ospedale della Piave, si concentreranno interessi di natura politica ed economica : il 18 settembre 1228 , papa Gregorio IX, dopo aver sentito il parere degli ispettori apostolici che avevano trovato la Chiesa di Santa Maria della Piave in una situazione disastrosa – “in spiritualibus deformatam et in temporalibus deminutam” – e ne avevano proposto la riforma con l’aiuto dei priori dell’ordine Cistercense assegnandola a questo ordine o ad altro. Tra il 1228 ed il 1229 si concluse di fatto, non senza un inutile tentativo di opposizione da parte dei conversi e dei cappellani dell’Ospedale, questa interessantissima ed originale esperienza ospedaliera. Da quel momento il transito della Piave non era più gratuito, ma oggetto di contese, soggetto a tariffe che erano state indicate negli statuti cittadini ( di Treviso e di Ceneda soprattutto ), un luogo in prossimità del quale venivano commessi ruberie ed omicidi.