Ai margini, come limite fisico, questi prati stabili hanno delle fitte siepi che si allargano da una parte e dall’altra fino a diventare delle vere e proprie macchie boschive, con alberi di grande rilevanza e dimensioni ( ad esempio, Carpino nero – Ostrya carpinifolia, Tiglio – Tilia cordata, Paltano – Platanus occidentalis). Lo spazio prativo è davvero vasto ed inconsueto: non siamo abituati a vedere delle porzioni aperte e non coltivate così larghe e lunghe… il primo istinto che viene alla loro vista è quello di fare una gran corsa!
La stabilizzazione dei prati, da cui appunto l’appellativo di “prati stabili”, consiste nella regolare sfalciatura delle erbe spontanee per ricavarne dell’ottimo fieno. In questo modo, la cotica erbosa mantiene la propria varietà erbacea confinandola ad un certo stadio evolutivo e di varietà di specie. In questo modo il prato non evolve verso altre forme di vegetazione, escludendo, fra l’altro, l’ingresso di arbusti o alberi pionieri, prodromi dell’avanzata del bosco adiacente.
Tra le essenze erbacee più presenti troviamo la piantaggine lanceolata (Plantago lanceolata), il trifoglio (Trifolium pratense), il silene (Silene vulgaris), il tarassaco (Taraxacum officinalis) e la salvia comune (Salvia pratensis).
In questi slarghi, vere e proprie radure che sembra facciano respirare il paesaggio, è molto facile intravedere la starna (Perdix perdix), piccolo galliforme pressoché scomparso dalle aree del Medio Piave a causa della scomparsa degli habitat confacenti e soprattutto dalla massiccia pressione venatoria. E’ possibile tuttavia rivedere alcuni esemplari (è specie gregaria) scorrazzare per questi prati grazie ad una campagna di reintroduzione curata dalla Provincia di Treviso.

Un maschio di starna (Perdix perdix) con la macchia rossa sul petto a forma di cuore rovesciato.

Anche il fagiano (Phasianus colchicus), introdotto come uccello ideale per la caccia, è ora uno stabile abitatore di questi luoghi.