Uno dei biotopi più interessanti sotto il profilo sia naturalistico che paesaggistico del Medio Corso della Piave, è sicuramente quello del Prato Arido. Una delle “isole” di cui si compone “l’arcipelago Piave” è costituita da vaste aree aride, apparentemente prive di vita, poste al di sopra del piano del corso del Fiume, caratterizzate in origine da una distesa di sassi. In realtà, come vedremo, in questo deserto apparente, trova espressione vivissima quella capacità della Natura di adattarsi e soprattutto di costruirsi caparbiamente un habitat, selezionando molto severamente le specie vegetali che vi possono crescere, ma garantendo nel contempo, anche laddove non sembra esservene possibilità, forme di vita straordinarie.

Il tipo di substrato e la profondità della falda condizionano lo sviluppo del manto vegetale; questo fenomeno si verifica soprattutto in quei segmenti del Medio Piave in cui il suolo è formato infatti perlopiù da ghiaie grossolane estese in profondità per decine e decine di metri. Il materasso ghiaioso, formato da depositi di ciottoli prevalentemente calcarei e calcareo-dolomitici, drena in poco tempo le piogge, condizionando così la vegetazione che appare distribuita a chiazze alterne di formazioni prative ed arbustive apparentemente povere. Se si prendono in esame le formazioni prative , si  nota che sui greti fluviali abbandonati da tempo, dalla corrente , si insedia dapprima una vegetazione rada, costituita da poche ma tenaci specie erbacee pioniere come:

La Lappola – Xanthium italicum

La Sanguisorba minore – Sanguisorba minor

La Poligala – Polygala vulgaris, dagli splendidi fiorellini con tonalità dal fucsia al viola

Un’erba tintoria come Reseda lutea dalla infiorescenza a spiga giallo-chiara

I Fiordalisi – Centaurea scabiosa, dalle infiorescenze che vanno dal rosa al rosso vivo a seconda del suolo in cui affondano le radici

Alla prostrata Erba pignola – Sedum acre, che si sviluppa come un tappeto verde-chiaro fra i ciottoli bianchi del suolo costruito dal fiume attraverso le sue alluvioni secolari.

Bisogna ricordare a questo punto che, in anticipo su questa primitiva associazione erbacea, hanno svolto la loro importante  funzione di accumulatori di finissimo terriccio calcareo i Licheni endolitici che, sviluppandosi    lentamente sulle superfici levigate dei ciottoli, strappano, con l’azione chimica delle loro radici, piccolissimi frammenti dei sassi di origine sedimentaria, magmatica e metamorfica, che serviranno come terreno di insediamento per varie specie di Muschi, presenti in maniera massiccia in tutti i biotopi di questo tipo.

Nella lenta evoluzione (occorrono almeno 50 – 60 anni di tranquillità ) di queste realtà vegetazionali (sparute macchie di arbusti, si intercalano con il tappeto erbaceo xerofilo, popolate per di più da Rosa canina – Rosa canina , contorti Ornielli – Fraxinus hornus , superstiti Amorfe – Amorpha fruticosa, qualche rovo – Rubus fruticosus alla base della macchia, giovani piante di Bagolaro – Celtis australis , qualche Salice da vimini – Salix eleagnos e l’immancabile ed infestante, comunque anch’essa in difficoltà di crescita, Robinia – Robinia pseudoacacia) per cominciare a percepire la colonizzazione da parte di specie tipiche dei detriti calcareo-dolomitici prealpini quali:

Eliantemo – Helianthemum nummularium

Vedovella celeste – entrambe , sia Globularia punctata che la rara Globularia cordifolia

Timo serpillo – Thymus longicaulis

Eringio campestre – Eryngium amethystinum

La perenne Fumana dai fusti quasi legnosi – Fumana procumbens

Una Veccia da latte – Astragalus montanus, ambedue i Teucrium – Teucrium chamaedrys e Teucrium montanum

Una prima Orchidea – Orchis coriophora che sono tipici della fase vegetazionale più evoluta di questi prati

Il salice da vimini (Salix eleagnos) è un’essenza che si può osservare ai margini del magredo

Rosa canina una comunissima, grata, meravigliosa, amata, radicata e iconica presenza

Una pianta alloctona e onnipresente, l’amorfa – Amorpha fruticosa è residuale nel prato arido

Una altra essenza americana, la robinia – Robinia pseudoacacia, ormai parte del nostro ambiente, cresce stentatamente nel magredo

Il rovo – Rubus fruticosus , anch’esso infestante si può trovare solo ai margini di questi prati

Queste zone,  a dir la verità sempre più anguste dei territori golenali dell’alta pianura (molta parte dei “magredi” trevigiani sono scomparsi a causa degli insediamenti produttivi a vigneto) sono ambienti eccezionali dal punto di vista vegetazionale anche perché presentano il fenomeno dell’incontro tra specie della flora montano-alpina fluitata a valle dalle secolari correnti fluviali e quelle litoranee risalenti il corso del fiume : come abbiamo visto, alcune piante tipiche delle Prealpi e dei ghiaioni alpini abbassano il loro limite vegetativo , altre, proprie delle dune costiere, risalgono lungo il basso corso del fiume fino a sfiorare i consistenti depositi ghiaiosi del conoide alluvionale della Piave, ritrovando condizioni adeguate per il loro sviluppo : ne sono esempi significativi:

La Piantaggine di mare – Plantago holosteum dalle foglie ridotte ad un ago allungato

Il rarissimo Giunco sfrangiato – Scirpus maritimus

Una graminacea slanciata e dalle radici molto profonde come il Chrysopogon gryllus

Il poco appariscente Schoenus nigricans

Il prostrato e strisciante Citiso – Cytisus pseudoprocumbens che già a fine marzo spicca con la sua bella fioritura gialla tra i prati aridi

Ed il candido Liloasfodelo – Anthericum liliago, dalla fioritura bianca, quasi un piccolo giglio, che sboccia a metà luglio

Tutte queste piante, e l’elenco potrà continuare appena approfondiremo le osservazioni, trovano nel prato arido, l’ambiente più accogliente perché simile, per mancanza d’acqua, per insolazione e temperatura al suolo, per il riverbero dei sassi bianchi, per la notevole escursione termica giornaliera, per le componenti abiotiche ed organiche del terreno che le ospita, all’ecosistema di origine.

Il prato arido o Magredo possiede interessanti caratteristiche di evoluzione vegetazionale e può diventare settore d’indagine per gruppi di classi delle Scuole dell’Obbligo e dei gradi d’istruzione superiori, soprattutto se si intende spiegare sul campo , con percorsi di ricerca naturalistica inediti, attraverso metodi di rilevazione scientifica, come si compone un’Associazione Vegetale ed i gradi di evoluzione delle diverse comunità di erbe, a partire dal greto ghiaioso delle isole fluviali abbandonate dall’acqua fino alla copertura erbacea che ha raggiunto la situazione di equilibrio denominata Climax , perpetuabile per decenni , forse per secoli !

Nella grande distesa arida del Parco Comunale delle Grave di Spresiano e nella parte superstite del Parco del Parabae a Maserada sul Piave , come pure in alcuni tratti dei terrazzi ghiaiosi all’interno dell’Oasi del Codibugnolo, è possibile incontrare formazioni vegetali evolute estremamente equilibrate composte da specie erbacee introvabili in altri ambienti della campagna troppo antropizzata : sarebbe interessante che qualche Amministrazione Comunale avveduta si ponesse il problema della tutela di biotopi così esclusivi perché essi possano diventare volani per progetti di ripristino ambientale da attuare in tutta la realtà naturalistica dell’alta pianura della Piave.

In questi siti, che abbiamo cercato di descrivere sommariamente in precedenza, oltre a tutte le specie vegetali elencate , possiamo affermare di avere verificato, nei magredi e nei margini di boschi ripariali parimenti evoluti , la presenza di piante rare come:

il bellissimo Velo delle fate – Stipa pennata

I Garofanini selvatici di colore rosa – Dianthus sylvestris

Un’erba perenne medicinale come la Vulneraria – Anthyllis vulneraria

Un’orchidea meravigliosa – Orchis militaris

All’Orchis morio tipicamente magredile

Fino all’Ophrys apifera che preferisce i suoli prevalentemente sabbiosi